Usura & Risarcimento

L'articolo si pone come obiettivo quello di esporre sinteticamente la giurisprudenza relativa al risarcimento spettante al soggetto finanziato nel caso in cui il TEG pattuito sia superiore al tasso soglia d'usura.

La normativa e la nascita del dibattito giurisprudenziale

L'art. 1815, comma 2, c.c. prescrive che “Se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti interessi.
La formulazione dell'articolo, in verità, è ambigua. Ed infatti, nella norma viene fatto espresso riferimento agli "interessi", ma questi sono solo una delle componenti del costo complessivo del prestito, il quale potrebbe altresì prevedere altre spese: istruttoria, commissioni, premio assicurativo, spese di incasso della rata.
Anzi, per alcune tipologie di prestito, gli interessi sono la componente di costo meno gravosa. E' il caso delle cessioni del quinto dello stipendio precedenti il 2010 dove, di norma, il tasso di interesse varia tra il 3,00% ed il 4,00% quand'anche il TAEG assume valori superiori al 14,00%. In tali circostanze solo il 4,00% del costo totale del prestito è dovuto agli interessi, mentre la rimanente parte è composta da commissioni e altre spese.

In ogno caso, l'interpretazione della norma ha portato alla nascita di tue orientamenti.

 

Primo Orientamento: L'interpretazione sistematica

Secondo un primo orientamento, l'art. 1815, comma 2, c.c. va interpretato in maniera sistematica, e quindi di concerto con l'art. 1 della Legge 108/1996. Sotto tale prospettiva in caso di usura scatta la gratuità del prestito, per cui il soggetto finanziato avrà diritto alla restituzione di tutte le spese collegate all'erogazione del prestito, ad eccezione delle imposte. 
Sul punto si riporta la decisione del Collegio di Coordinamento n. 12830 del 08.06.2018: "
Il Collegio di Coordinamento, tenuto contro anche dalla sentenza n. 24675/2017 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in tema di negazione dell’usura sopravvenuta, ritiene decisivo il dettato del D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, convertito in legge 28 febbraio 2001, n. 24, recante “Interpretazione autentica della Legge 7 marzo 1996, n. 108, concernente disposizioni in materia di usura”, il cui art. 1 recita: “Ai fini dell’applicazione dell’art. 644 del codice penale e dell’art. 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento”.

E poi, al punto 3.3 della decisione, il Collegio specifica: "A parere di questo Collegio il riferimento esplicito all’art. 1815, secondo comma cod. civ. contenuto nell’art. 1 del D.L. n. 394/2000 e l’’inciso “comunque convenuti, a qualsiasi titolo” manifestano in modo palese la volontà del legislatore di stabilire uno stretto collegamento tra la norma civile e quella penale e, quindi, di interpretare, nella configurabilità dell’usura, il concetto di interessi in maniera onnicomprensiva, includendovi – anche ai fini civilistici - tutti i costi elencati nel 4° comma dell’art. 644 cod. pen. e cioè commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito".

Allo medesime conclusioni è giunto il Tribunale di Torino con l'ordinanza del 27.02.2023 (punto 4 delle motivazioni; Presidente dott.ssa Emanuela Germano Cortese), secondo cui "le conseguenze sanzionatorie collegate alla pattuizione di interessi usurari sono date dalla nullità della clausola che diviene inefficace declinando l’accordo negoziale oneroso in gratuito, come chiarito dalle Sezioni Unite, 19/10/2017 nr. 24675: “una sanzione (che implica il divieto) dell'usura è contenuta, per l'esattezza, anche nell'art. 1815 c.c., comma 2, - pure oggetto dell'interpretazione autentica di cui si discute - il quale però presuppone una nozione di interessi usurari definita altrove, ossia, di nuovo, nella norma penale integrata dal meccanismo previsto dalla L. n. 108. Sarebbe pertanto impossibile operare la qualificazione di un tasso come usurario senza fare applicazione dell'art. 644 c.p.”, con ciò significando che, qualunque sia lo scenario pattuito che manda in usura il contratto, la conseguenza sanzionatoria è la non debenza non del singolo interesse nominale ma di tutto ciò che rientra nel perimetro del TAEG secondo la nozione lata di interesse descritta dall’art. 644 c.p. (“Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”). Detto principio viene definitivamente chiarito dalla già citata sentenza delle Sezioni Unite (nr. 19597/2020), laddove, in riferimento ai tassi moratori e alla sua alternatività rispetto ai tassi corrispettivi, espressamente stabilisce che “a differenza di altri ordinamenti, anche Europei, nei quali il superamento del tasso soglia non determina la nullità della clausola sugli interessi ma la mera restituzione del surplus, la legge nazionale ha comminato la gratuità sanzionatoria del contratto”.

L'orientamento del Tribunale di Torino trova conferma nelle pronunce della Corte di Appello di Torino (sent. 204/2023, punto 2 dei motivi di appello; Giudice dott.ssa Silvia Vitrò) che sul punto rileva quanto segue: "Sotto il primo profilo, come osservato dal Tribunale, dal combinato disposto degli artt. 644 c.p. e 1815 comma 2 c.c. consegue che, laddove la soglia usura sia superata dalla pattuizione di interessi, commissioni e costi del credito (che complessivamente considerati esorbitano da detta soglia), sono nulle le relative clausole e non dovuti detti interessi, commissioni e costi. Non è pertinente il richiamo alla giurisprudenza di legittimità in tema di interessi di mora e interessi convenzionali".
 
In maniera conforme si è espresso il foro di Milano.
Sul punto il Giudice di Pace di Milano, con sentenza 5380/2023 (Giudice dott. Giorgio Di Giorgi), ha chiarito che "
per quanto riguarda le conseguenze della riscontrata usurarità del tasso di interessi, si aderisce a quell'orientamento giurisprudenziale, che si fonda sulla lettteralità del secondo comma dell'art. 1815 c.c., per cui il debitore non è più teneuto al pagamento della quota dovuta a titolo di interessi, ma solo della sorte capitale residua. Difatti, la disposizione codicistica da ultimo richiamata, in viertù della quale 'se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi' viene interpretata in seno alla giurisprudenza di legittimità come norma avente contenuto sanzionatorio, in quanto finalizzata a contrastare la sproporzione oggettiva tra le prestazioni, con la conversione del contratto di finanizamento da oneroso a gratutito". 

Parimenti, il Tribunale di Milano, con sentenza 11209/2019 ha precisato che il superamento della soglia di usura per effetto della inclusione nel TEG anche delle spese di assicurazione colpisce "non solo gli interessi propriamente intesi, ma tutti gli oneri e le spese inclusi nel calcolo del TEG, compresi i premi assicurativi, che pertanto debbono essere restituiti al mutuatario".

Più sinteticamente la Corte di Appello di Milano, con sentenza n. 508/2024 (Presidente dott. Giuseppe Ondei), dopo aver preso atto del superamento del tasso soglia, ha stabilito:"
Ai sensi dell’art. 1815 c.c. gli interessi non sono, quindi, dovuti e l’appellata deve restituire quelli percepiti sino all’estinzione anticipata.
La gratuità del mutuo quale conseguenza della pattuizione di interessi usurari implica l’obbligo di restituire anche le commissioni e le spese collegate alla concessione del credito, ad eccezione di imposte e tasse (v. art. 644 c.p.)
".
 

Secondo Orientamento: L'interpretazione letterale

Il secondo orientamento, sicuramente minoritario, trova ispirazione da una intepretazione letterale dell'art. 1815 c.c. La giurisprudenza, molto ridotta, proviene quasi esclusivamente dal foro di Roma, secondo cui in caso di usura la sanzione da applicare è la ripetizione dei soli interessi, e non delle altre spese associate al prestito.
Sul punto il Tribunale di Roma, con sentenza nel verbale di prima udienza (4240/2023; Giudice dott. Fausto Basile) ha chiarito "
che il superamento del TSU da parte del TEG comporta la nullità della clausola degli interessi corrispettivi con conseguente gratuità del mutuo ai sensi dell’art. 1815, secondo comma, c.c.", aggiungendo poi "che tale norma tuttavia, precisa che, 'se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi', per cui la gratuità del mutuo non comporta anche il rimborso di tutte le altre spese ed oneri se pure computati nel calcolo del TEG".

L'orientamento del Tribunale di Roma è stato confermato, poi, dall'ordinanza del 23.08.2024 (Giudce dott. Erminio Colazingari).

 

Considerazioni finali

A parere dello Scrivente, entrambe le interpretazioni poggiano su argomentazioni razionali e giuridicamente sostenibili. Tuttavia, si ritiene condivisibile esclusivamente il primo orientamento, più rigoroso, che prevede una sanzione a carico dell'intermediario che pratica l'usura pari alla totalità degli interessi e commissioni associate al prestito.
Il primo orientamento sembra essere più solido non solo da punto di vista giuridico, ma anche contabile. Come evidenziato dal Collegio di Coordinamento dell'ABF, il secondo orientamento aprirebbe la strada ad una facile elusione della normativa antiusura "
dal momento che l’intermediario potrebbe fissare il tasso tenendo bassi gli interessi in senso stretto e dando maggiore consistenza agli altri oneri, cosicché in caso di usura egli dovrebbe restituire la sola somma relativa agli interessi monetari, senza perdere tuttavia la sostanziale convenienza economica dell’operazione".
Si pensi ad un prestito con TAN pari a zero e TEG superiore alla soglia d'usura. In tal caso l'usura è generata esclusivamente dalla componente delle spese. Una volta accertata l'usura il consumatore avrebbe un risarcimento pari a zero, proprio perché gli interessi corrispettivi associati al prestito sono pari a zero.
E' evidente che la tesi dell'interpretazione letterale dell'art. 1815 c.c. andrebbe a discapito della parte debole del contratto, essendo i moduli contrattuali dei prestiti formulati dagli intermediari.

Di seguito la giurisprudenza citata nell'articolo:

 
  1. Collegio di Coordinamento dell'ABF n. 2830 del 2018
  2. Ordinanza del Tribunale di Torino del 27.02.2023
  3. Sentenza della Corte dei Appello di Torino n. 204/2023
  4. Sentenza del Giudice di pace di Milano n. 5380/2023
  5. Sentenza della Corte di Appello di Milano n. 508/2024
  6. Sentenza a verbale del Tribunale di Roma n. 4240/2023
  7. Ordinanza del Tribunale di Roma del 23.08.2024
Dott. Alessandro D'Antonio